Questa è la storia di come ho ritrovato la canina di jack Russell smarrita a 1.8km da casa, sopra ad una parete rocciosa a 110m di quota più in alto, in mezzo al bosco. Salvandolo da una situazione molto pericolosa
Un cuore che batte, un drone che vola
Carissimi,
Nella mia vita di pilota di drone, c’è un ruolo che mi riempie il cuore più di ogni altro: quello di ricercatore e soccorritore di animali smarriti. Le chiamate d’emergenza sono all’ordine del giorno, ma ognuna porta con sé una storia, un’ansia, una speranza.
Quel giorno, la voce di un ragazzo, Edoardo, ruppe il silenzio. Aveva sentito parlare di me, della mia capacità di trovare ciò che sembra perso per sempre, grazie all’occhio infallibile del drone termico.
“Ciao Simone,” disse, la voce tesa dall’inquietudine, “mi hanno parlato bene di te. Ti contatto perché il Jack Russell di mia madre è sparito da casa questa mattina e non lo troviamo più.”
Non c’era tempo da perdere. Sapevo che in questi casi, ogni minuto conta, ogni secondo può fare la differenza tra il ritrovamento e l’ignoto. La strada era un nastro tortuoso che si snodava per la Val di Cecina, ma in poco più di un’ora, ero lì. Un luogo incantevole, immerso tra campi di grano accarezzati dal vento e dal sole, vicino a Casciana Terme.
Appena arrivato, fui accolto da un volto preoccupato: la signora, proprietaria di quel piccolo angolo di paradiso, e accanto a lei, Edoardo, venuto da lontano. C’erano anche amici e parenti, tutti accorsi per dare una mano, uniti da un unico, palpitante desiderio: ritrovare la loro Nanà.
La dinamica della scomparsa era semplice, quasi banale, eppure così spiazzante nella sua assenza di un perché.
“Guarda Simone,” mi spiegò la proprietaria, con gli occhi velati, “ero qui che davo da mangiare ai cavalli, e Nanà gironzolava vicino a me. Poi sono tornata verso casa, e lei non c’era più. Sparita nel nulla.”
Nessun rumore forte, nessuno spavento, nessun incidente. Eravamo nel bel mezzo del nulla, eppure Nanà era svanita. Cosa era successo? In quale direzione era andata? Un velo d’incertezza avvolgeva tutti.
Come ho ritrovato la canina di Jack Russell smarrita
La ricerca inizia, l’ansia cresce
E così, presi il mio drone, il mio fedele compagno di avventure, e diedi il via alle ricerche. Metro dopo metro, ettari di campi vennero scandagliati dall’occhio vigile della telecamera termica. Missioni programmate e volo manuale, una scansione senza sosta per rilevare ogni traccia di vita. I proprietari mi avevano detto che Nanà, nonostante fosse agile e relativamente giovane, non si era mai allontanata. Ma l’esperienza mi ha insegnato a non fidarmi ciecamente delle “certezze”: ogni pista, ogni possibilità, deve essere esplorata.
I minuti si susseguirono, trasformandosi in ore. Sullo schermo, scorrevano le immagini di cinghiali, volpi, lepri, conigli, persino cerbiatti. Ma di Nanà, la piccola Jack Russell che cercavamo, nessuna traccia. Due ore erano passate dall’inizio delle ricerche, e tutti i terreni fino a 500 metri dall’abitazione erano stati setacciati.
L’ansia strinse la gola di tutti. Il verdetto era chiaro: Nanà non era rimasta nelle vicinanze. Urgeva ampliare il raggio, cercare un indizio, una direzione.
Consigliai al gruppo di spostarsi verso ovest, di setacciare lungo il fiume che costeggiava i campi coltivati. Edoardo, con la speranza che non si era spenta, si diresse in quella direzione, percorrendo il torrente alberato. E fu proprio lì, tra le rive umide e le radici esposte, che trovò le prime, preziose impronte di cani. Un barlume di speranza, una traccia concreta.
L’attenzione di tutti si spostò. Dal drone, notai un allevamento di cani, i loro abbai risuonavano a intervalli, un coro incessante. Poi, in quel rumore, un abbaiare flebile e solitario catturò l’attenzione di Edoardo e del suo piccolo gruppo. Proveniva da una cava, una zona scoscesa e boschiva. Un abbaiare nervoso, insistente, ripetitivo, quasi un ululato. Era un grido d’aiuto, così lontano e sottile che solo un’attenzione acuta avrebbe potuto coglierlo.
Come ho ritrovato la canina smarrita
Il cuore in gola, la speranza rinata
“Simone,” mi chiamò Edoardo, la voce un misto di eccitazione e preoccupazione, “abbiamo sentito un abbaiare molto strano da una parete scoscesa nel bosco, non riusciamo ad arrivarci. Puoi andare tu a vedere se è lei?”
La distanza dalla casa era di 1.8 km, l’elevazione di 115 metri, una strada trafficata nel mezzo e una cava con pareti franose. Poteva Nanà essere arrivata fin lassù? Il mio cuore batteva forte, la mente già proiettata alla ricerca.
Cinque minuti di macchina, trenta secondi per far decollare il drone, venti secondi per posizionarlo sopra la fonte di quel suono. Il bosco era denso, la parete ripidissima. Nanà, se fosse stata lì, avrebbe potuto confondersi con le rocce e le foglie, un ago nel pagliaio.
Ma avevo un asso nella manica. Il segreto che rende la mia attività così efficace. Attivai la visione termica del drone. E fu come una magia: la vegetazione si tinse di un blu profondo, e contro quel fondale, un punto rosso brillante. Il corpo caldo della cagnolina si stagliò sullo schermo, una boa rossa in un lago azzurro, riaccendendo d’un colpo tutte le speranze.
Con un rapido movimento delle dita, ingrandii l’immagine RGB fino a 50x, centrando la visione su quella piccola forma. La conferma che stavo cercando: era proprio lei, una Jack Russell, stessi colori, stessa dimensione, la stessa razza. Era Nanà!
Era lì, immobile tra i rami, impossibilitata a salire o scendere, con il naso all’insù, tra un grido d’aiuto e l’altro. Senza esitare, scattai una foto e registrai un breve video, la prova inconfutabile del ritrovamento. In tempo zero, acquisii la posizione GPS del drone, un’altra “chicca” indispensabile, e la condivisi in tempo reale con i soccorritori. Un semplice messaggio, e la squadra aveva la posizione esatta di Nanà.
Questo è come ho ritrovato la canina di Jack Russell smarrita.
Un salvataggio contro il tempo
La situazione era grave. Raggiungere Nanà sarebbe stata un’impresa ardua, faticosa e rischiosa. Ma non potevamo lasciarla lì. Il mio compito era chiaro: mantenere il contatto visivo con lei, monitorare ogni suo movimento e comunicare informazioni vitali ai soccorritori.
Il bosco fitto era un labirinto che rallentava l’avanzata, ma dal drone, potevo vedere chiaramente la loro posizione rispetto a Nanà. Decisi di guidarli, posizionandomi sopra la cagnolina per indirizzare il loro cammino. Fu un approccio fondamentale: avanzare con una direzione chiara, con indicazioni in tempo reale, risparmiando tempo ed energie preziose.
Dato il terreno impervio, avevamo allertato anche i Vigili del Fuoco. Tre mezzi con personale altamente preparato erano arrivati, pronti a intervenire in caso di complicazioni o infortuni. Fortunatamente, grazie al mio operato e alla determinazione dei ragazzi nel bosco, il loro intervento diretto non fu necessario.

Eravamo a pochi metri da Nanà, il drone sopra di lei, i ragazzi che avanzavano un passo dopo l’altro. La paura della cagnolina e il terreno difficile rendevano il salvataggio un compito delicato.
“Fate con molta calma,” dissi, la voce ferma ma rassicurante, “voce bassa e amorevole, movimenti lenti. Cercate di rimanere bassi sul terreno mentre vi avvicinate. Deve essere lei a venire verso di voi, fidandosi, annusandovi. Non andategli incontro con fretta.”
Minuti che sembrarono un’eternità. Ogni passo, ogni ramo, un respiro trattenuto. Tutti noi eravamo in attesa, con il fiato sospeso, che Nanà si fidasse finalmente dei suoi soccorritori. E poi, piano piano, con infinita pazienza, la piccola cagnolina si lasciò prendere. Tra le braccia della sua famiglia, finalmente al sicuro, Nanà tornò a casa.
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A presto
Simone Bergamasco